Canone di locazione: si continua a pagare se vi sono danni

In natura siamo abituati a vedere le lumache con la conchiglia, le tartarughe con il carapace, gli armadilli con la corazza e, dopo la sentenza di Cassazione n. 12977 del 22 marzo 2013 (depositata il 24 maggio), non è da escludere che all’inquilino possa essere affibbiato l’alloggio come al mitologico Titano Atlante fu imposto di sostenere per l’eternità la volta celeste!

A parte i provocatori parallelismi, la questione che andrò a trattare è seria e, come spesso accade, alla fine non premia né i vincitori né gli sconfitti.

Separarsi dalla casa presa in affitto o riappropriarsi del proprio immobile concesso in locazione – seppure a fine conduzione – dopo la suddetta sentenza diventa più difficile o meglio più oneroso e ciò in quanto si è costretti, nei termini e modi che spiegherò di seguito, a continuare a corrispondere i canoni di locazione per l’affittuario e a non poter disporre di un proprio bene per il locatore.

È noto che, quando si decide di affittare un immobile, la legge prevede che l’inquilino versi al  proprietario una somma a titolo di deposito cauzionale – fruttuosa di interessi legali spettanti al locatario – per coprire eventuali danni alla casa o il mancato pagamento del canone.

Nulla vieta che tra le parti si intrattengano rapporti diversi e di miglior favore; addirittura (ma raramente) qualche locatore rinuncia espressamente ad avere queste somme, e altri, pur se ne sono previste tre, non chiedono più di due mensilità. È invece nulla la postilla che la cauzione non è produttiva di interessi. La cauzione è regolata dall’articolo 11 della legge 392 del 27 luglio 1978.

La citata cauzione (o deposito cauzionale) si versa per garantire (in parte) il locatore di un appartamento contro i possibili danni causati dall’inquilino che dovrebbe avere la diligenza del “buon padre di famiglia” conservando in buono stato (o almeno mantenendo nelle condizioni in cui l’ha avuta) la cosa locata e, inoltre, dovrebbe servire a coprire eventuali canoni di affitto non pagati.

Sembra facile se ci limitiamo a leggere ma, nel concreto, non è poi così semplice, e ciò in quanto la legge non contempla che il locatore possa trattenere le somme cauzionali sempre e comunque; in realtà la cauzione (che, ripeto, è produttiva di interessi legali), va restituita all’affittuario, insieme agli interessi maturati, al rilascio dell’appartamento e solo dopo che il conduttore adempie ai suoi obblighi.

tartaruga-verdeLa legge vieta che il locatore possa incamerare la cauzione senza proporre la domanda giudiziale per l’attribuzione della stessa, stante che eventuali danni devono essere valutati da un consulente tecnico d’ufficio e non certo autonomamente. Se questa prassi dovesse non essere seguita dal proprietario dell’immobile, l’inquilino che a fine locazione non riceve il deposito cauzionale con gli interessi ha facoltà di adire le vie legali per la restituzione la cui prescrizione, di dieci anni, decorre dal momento della scadenza della locazione. Per gli interessi maturati sul deposito cauzionale, i termini di prescrizione sono di cinque anni.

Detto questo – e sorvolando la farraginosa materia in tema di locazioni ad uso abitativo e non – passo a quanto stabilito dalla sentenza di Cassazione sopra menzionata.

Al termine della locazione, stipulata con contratto di affitto redatto in forma scritta, di solito, si restituisce l’immobile al suo legittimo proprietario e, dopo che entrambi i contraenti hanno adempiuto ai rispettivi obblighi contrattuali, si procede ad un verbale di consegna e alla rimessa delle chiavi e della cauzione di cui ho detto sopra.

Questa sarebbe la parte teorica. La parte pratica il più delle volte non è così rosea e nemmeno così lineare. Il locatore alla consegna vede tutto rotto, usurato, consumato e distrutto; il locatario è convinto di consegnare un immobile in uno stato migliore di come lo ha avuto.

Ecco, questo è il momento in cui calza a pennello la sentenza di Cassazione n. 12977 del 22 marzo 2013:

“Se il conduttore abbia arrecato all’immobile gravi danni o effettuato non consentite innovazioni di tale rilievo che, nell’economia del contratto, sia necessario l’esborso di notevoli somme per eseguire le opere di ripristino, il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione è in via di principio legittimo fino a quando quelle somme non siano state corrisposte dal conduttore; la legittimità del rifiuto del locatore comporta, in applicazione dell’articolo 1220 C.c., che fino ad allora persisterà la mora del conduttore, dunque tenuto anche al pagamento del canone ex articolo 1591 C.c. quand’anche abbia smesso di usare l’immobile secondo la destinazione convenuta.”

Tradotto: se l’affittuario procura gravi danni (non certo di lieve entità) all’immobile locato, tali da provocare un notevole esborso per il suo ripristino allo stato originario, il proprietario può rifiutare la restituzione dell’unità immobiliare costringendo l’affittuario, fino a quando non siano state pagate le somme necessarie per il suo riutilizzo, a continuare a corrispondere il canone di locazione mensile.

Ovviamente, se vi dovesse essere motivo di opposizione, questo sarebbe oggetto di disamina solo in fase giudiziaria. Nel frattempo, l’omesso pagamento del canone sarà motivo di morosità, anche questo con tutte le conseguenze del caso.

Forse, alla luce di questa sentenza, sarebbe il caso di prestare maggiore attenzione già alla stipula del contratto di locazione che va accompagnato sempre da un verbale di consegna con specificato ogni punto che si presenta non in perfetto stato, così che al termine della locazione si possa realmente fare una giusta valutazione dei danni già esistenti e di quelli arrecati successivamente (che non rientrino nella normale usura).

E pensare che un tempo il problema era quello di ottenere il rilascio dell’immobile affittato!