Tares o Res (che non equivale a “cosa” in latino, ma a “tassa” in italiano)!

Le sigle associate alle scadenze ci sopraffanno, ci opprimono, ci stritolano, ci annientano e ci vessano. Tutto ciò che è odioso è in sigla, forse lo si fa per confondere, per mistificare, o solo per passare il tempo (tanto chi non ha problemi di tempo ne ha a sufficienza e pure da utilizzare per trovate inutili), ma il risultato è sempre lo stesso: che si chiami Tarsu (Tassa Asporto Rifiuti Solidi Urbani), che si pronunci Tia (Tariffa di Igiene Ambientale), o che si dica Res o Tares (Tassa Comunale sui Rifiuti e sui Servizi), sempre di immondizia si tratta e sempre di tasse si discute.

Se la sintesi degli acronimi fosse l’equivalente della funzionalità ed efficienza, non saremmo di certo ridotti come siamo: disperati.

Detto questo, passo alla notizia, presumo già nota a tanti: da quest’anno entra in vigore la Res o Tares, prima detta Tarsu o Tia, ma sempre riferita alla produzione di rifiuti urbani; tributo o tariffa che grava su ogni superficie coperta o meno (suscettibile di produrre rifiuti), indipendentemente dalla sua destinazione d’uso (negozi, capannoni industriali, uffici), a qualsiasi titolo si detenga (titolarità, affitto, usufrutto, ecc., dunque possesso e non necessariamente proprietà), che si trovi sul suolo Comunale – al quale ultimo va corrisposta, sembra, in quattro rate le cui scadenze dovrebbero essere a gennaio, aprile, luglio e dicembre, ma a tutt’oggi del primo termine di pagamento si sa solo che è slittato.

In merito all’importo da pagare e alla superficie di riferimento, così come per le eventuali riduzioni – nella misura massima del 30% in particolari casi – ciascun Comune potrà intraprendere delle iniziative e idee proprie, anche in ordine alla specificità delle aree territoriali, alla situazione finanziaria e alle modalità preesistenti di smaltimento rifiuti urbani, rispettando comunque dei princìpi di massima già indicati e che verranno ulteriormente esplicitati.

È importante però sapere che questa imposizione, istituita con l’articolo 14 del  DL 201 del 2011, vestita di nuovo ma vecchia, subirà un aumento notevole, soprattutto per le famiglie con più componenti, arrivando persino a pagare in più, rispetto alla precedente Tarsu, fino al 37,5%, e ciò in quanto sembra debba servire non solo allo smaltimento dei rifiuti, ma anche a garantire il sostegno di alcuni servizi comunali: i cosiddetti «servizi indivisibili», cioè quelli forniti a tutti indistintamente senza che ve ne sia richiesta individuale, quali il verde pubblico (dove la cementificazione e la speculazione edilizia non l’ha fatta da padrone), la manutenzione delle strade (in alcune realtà non da manutentare ma da realizzare ex novo), l’illuminazione pubblica (sperando non siano le luminarie delle feste), il sostentamento della polizia locale (che già in parte credo provveda con i proventi delle multe), ecc.

Come dicevo sopra, quando si ha molto tempo a disposizione e si è tranquilli sul proprio futuro e dei propri cari, non si presta molta attenzione al da farsi quotidiano, si investe molto invece sulla propria bizzarrìa e fantasia, e più eccentrici si dimostra di essere, più ci si sente al centro dell’attenzione; ed ecco che nel proprio delirio di onnipotenza si inventano nuove locuzioni, si cambiano quelle precedenti senza che ve ne sia motivo, si stravolgono insomma le cose e maggiormente le vite altrui, e non solo con le abbreviazioni ma anche con i contenuti che, trovata la sigla, necessitano di coperture finanziarie. E quale miglior modo se non attingere, mungendo, a quei contribuenti lasciati pascolare pensando di essere “liberi” ma rimanendo sempre riserva alimentare ed esistenziale di chi ci governa!