Esonero Reperibilità Malattia Anche nel Settore Privato

Ci eravamo lasciati a settembre 2015 con un mio post riepilogativo sulle visite fiscali e la notizia dell’imminente introduzione, per i lavoratori subordinati del settore privato, dell’esenzione del rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia, così come avviene per i lavoratori del settore pubblico in base al Decreto Ministeriale 18 dicembre 2009, n. 206, laddove l’assenza dal posto di lavoro sia dovuta a particolari circostanze.

Tra i provvedimenti in materia di lavoro e, più specificamente, sulle semplificazioni dello stesso,  il Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 al suo art. 25 stabiliva che: «All’articolo 5, comma 13, del decreto-legge 12  settembre  1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre  1983, n. 638, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Con  il  medesimo decreto  sono  stabilite  le  esenzioni  dalla  reperibilità  per  i lavoratori subordinati dipendenti dai datori di lavoro privati“».

Una notizia molto attesa che, malgrado fosse stata annunciata tra i decreti attuativi del Jobs Act, fin da subito prescriveva  la necessaria introduzione di un apposito decreto ministeriale che definisse l’argomento. Decreto Ministeriale che è stato concluso l’11 gennaio scorso e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2016.

Proprio sulla pagina Web del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Comunicato Stampa dello stesso è riportato così come segue:

“[…] È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21-1-2016 il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, recante «Integrazioni e modificazioni al decreto ministeriale 15 luglio 1986, concernente le visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale».

Il provvedimento, previsto dal d.lgs. 151/2015, consente ai lavoratori subordinati del settore privato, affetti da patologie gravi che richiedono terapie salvavita e stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, di assentarsi da casa nelle fasce di reperibilità per sottoporsi alle cure necessarie.

L’intervento estende al settore privato ipotesi di esenzione dalla reperibilità già disposte per i lavoratori del settore pubblico per armonizzare le discipline e uniformare le tutele previste in caso di malattia”.

Quanto appena letto, però, proprio perché trattasi di un comunicato stampa, non entra nel dettaglio di quanto previsto dal provvedimento che, per opportunità, trascrivo:

Art. 1. Esclusioni dall’obbligo di reperibilità

1. Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati, dipendenti dai datori di lavoro privati, per i quali l’assenza è etiologicamente riconducibile ad una delle seguenti circostanze:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

2. Le patologie di cui al comma 1, lettera a), devono risultare da idonea documentazione, rilasciata dalle competenti strutture sanitarie, che attesti la natura della patologia e la specifica terapia salvavita da effettuare.

3. Per beneficiare dell’esclusione dell’obbligo di reperibilità, l’invalidità di cui al comma 1, lettera b), deve aver determinato una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 67%”.

invalidoDirei che, malgrado si sia fatto un passo avanti, riconoscendo anche per il lavoratore del settore privato dei casi di esonero della reperibilità durante la malattia, e nonostante sia stata enunciata pari condizione di trattamento tra il lavoratore privato e pubblico, questo obiettivo nella sostanza non credo sia stato raggiunto.

Basta anche solo un rapido confronto, tra i motivi che determinano l’esclusione dall’obbligo di reperibilità di un lavoratore privato e quelli individuati per il lavoratore pubblico, per capire le differenze/disparità.

Seppure due di questi sembrano identici, cioè patologie gravi che richiedono terapie salvavita e stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, questi ultimi, per quanto riguarda il lavoratore privato, pongono la limitazione della capacità lavorativa nella misura pari o superiore al 67%, mentre non mi pare si dica nulla in merito al lavoratore pubblico che, oltre quelli appena citati, ha ben altri motivi di esenzione (infortuni sul lavoro, malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio o sia stato già sottoposto a visita fiscale per il periodo di prognosi).

Forse, e mi spiacerebbe doverlo ammettere – pur sapendo che non è poi così lontano dalla realtà – vige ancora una profonda differenza tra il lavoro pubblico e quello privato. Differenze che, purtroppo, oltre che sui datori di lavoro (quando e se maggiormente si tratta di piccole realtà imprenditoriali), gravano ugualmente sui lavoratori subordinati che il più delle volte, per non creare disservizi e/o dissapori, si pongono il problema e valutano l’effetto dell’assenza dal posto di lavoro, anche se per legittima malattia.

ricetta-medicaQuesto non si può dire, invece, di alcuni dipendenti pubblici (senza generalizzare) che lo stato di malattia lo usano a tempo (un giorno), come ferie e/o permessi (i fine settimana) o peggio come vacanze, consci che chi dovrebbe vigilare (e provvedere) qualche volta è altrettanto sconsiderato, tanto si sa: nel pubblico i buchi non si notano, almeno finché non si aprono “voragini”. A quel punto, solo chi non vuole vedere non vede!

I recenti fatti di cronaca e di malcostume nella pubblica amministrazione ne sono la triste testimonianza.

Non so se questo Decreto avrà un seguito o delle correzioni, ma se lo spirito della legge voleva essere quello di estendere “… al settore privato ipotesi di esenzione dalla reperibilità già disposte per i lavoratori del settore pubblico per armonizzare le discipline e uniformare le tutele previste in caso di malattia”, ancora una volta si è toppato e questo ritengo sia il frutto di una mancanza di obiettività tra chi le norme le vive quotidianamente e chi le dispone.

D’altronde “cu manìa non disìa” (chi possiede non desidera)!