Bonus 2013 per neo-mamme. Voucher Inps per servizi di baby sitting

Per noi donne, quando si è impegnate nel lavoro (condizione questa auspicata come non mai), diventa difficile programmare un futuro con dei figli e, nell’attesa del momento che riteniamo più giusto per metterli al mondo, il tempo passa e quel momento sembra non riusciamo mai a trovarlo. Meno male che in nostro aiuto, o per meglio dire in aiuto delle nascite, interviene madre natura che, sensibilizzando il nostro senso materno, ci fa “osare”, a costo di mettere in discussione questa o quell’attività lavorativa.

È notorio che, mentre per noi donne il periodo della maternità rappresenta la fase più bella della nostra vita, per alcuni datori di lavoro, maggiormente se privati, questo può trasformarsi in un incubo e, cosa peggiore, potrebbe anche diventarlo per noi se sottoposte a pressioni psicologiche non certo idonee né per la gravidanza né per il nostro orgoglio di donne e madri lavoratrici che invece andremmo tutelate e, in effetti, la legge esiste, ma esistono anche forme coercitive difficili da provare, a meno di non essere “praticate” in maniera vergognosamente palese.

Devo dire che una norma che reputo concreta (a margine di tante scelte di governo … a mio parere discutibili) è una di quelle introdotte dalla legge sulla riforma del lavoro, la n. 92 del 28 giugno 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita) concepita, almeno questa, con l’intento di sostenere la genitorialità e agevolare il rientro al lavoro delle donne dopo il periodo della maternità così da armonizzare lavoro e famiglia, quest’ultima molte volte trascurata e privata della cure e attenzioni necessarie, a meno di non decidere di abbandonare il lavoro – scelta, seppure a volte obbligata dagli eventi, certamente sconsiderata, ancor più ai giorni d’oggi.

Questa misura viene citata all’interno del decreto legge del 22 dicembre a firma Fornero/Grilli così come segue:

Al fine di promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro, si intende disporre l’introduzione di voucher per la prestazione di servizi di baby-sitting. Le neo mamme avranno diritto di chiedere la corresponsione di detti voucher dalla fine della maternità obbligatoria per gli 11 mesi successivi in alternativa all’utilizzo del periodo di congedo facoltativo per maternità. Il voucher è erogato dall’Inps. Tale cifra sarà modulata in base ai parametri Isee della famiglia.

Essa potrebbe rivelarsi veramente utile per chi decide di utilizzare questi voucher alla fine della maternità obbligatoria e in alternativa al congedo parentale facoltativo.

La novità di questa norma a sostegno dell’occupazione femminile è l’aver previsto, oltre all’introduzione in via sperimentale per gli anni 2013/2015 di cosiddetti voucher per il pagamento di un servizio di baby sitter o asilo, l’astensione obbligatoria anche per i papà, seppure solo per un giorno, ma soltanto per i bambini nati dal 1° gennaio 2013.

Il congedo facoltativo invece, sempre per i papà, consente loro di astenersi per altri due giorni ma in accordo e previa sostituzione della madre. Certo, ritenere che un solo giorno possa considerarsi un sostegno alla “genitorialità” mi sembra eccessivo ma, per non essere sempre critici, prendiamo positivamente almeno l’iniziativa di estendere anche ai padri la possibilità di avere quel giorno di congedo per poter contribuire all’armonia familiare!

Qui, per capirci meglio e per chi ancora non lo sapesse, dovremmo soffermarci sul significato di congedo di maternità obbligatorio (chiamato anche astensione obbligatoria dal lavoro) e congedo parentale facoltativo.

Il primo è un periodo di cinque mesi, due dei quali precedono la data presunta del parto; i restanti tre mesi vengono concessi dopo l’evento. Questo periodo è riconosciuto per legge e di solito non ha deroghe, anche se dal 2000, previa attestazione medica di buono stato di salute della gestante, quest’ultima può prolungare la tua attività lavorativa anche fino all’ottavo mese e recuperare quel mese, per raggiungere i cinque spettanti, dopo il parto. Il periodo di astensione obbligatoria è previsto anche per l’adozione o per l’affidamento di minori. Durante questo periodo, proprio perché obbligatorio, maturano per la lavoratrice tutti i diritti previsti dai relativi contratti collettivi di lavoro (ferie, scatti di anzianità, mensilità aggiuntive, ecc.).

Il secondo, ovverosia il periodo di congedo facoltativo, detto anche congedo parentale perché può essere utilizzato indifferentemente dall’uno o dall’altro genitore, è invece di 6 mesi e la retribuzione viene decurtata di oltre la metà dello stipendio per i primi tre anni del bambino; quest’astensione può essere protratta fino agli otto anni del bambino, ma per gli ultimi cinque anni non si percepirà alcuna retribuzione.

Chiarito, seppure sommariamente, il significato di ciò di cui stiamo parlando, passo ora alla circolare n. 48 del 28 marzo 2013 dell’Inps (Oggetto: Articolo 4, comma 24, lettera b) Legge 28 giugno 2012 n. 92 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”: diritto della madre lavoratrice alla corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati) che, riassumendo i criteri di attuazione pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013 (decreto del 22 dicembre 2012), sintetizza i termini di questo contributo che è stato previsto per l’acquisto di servizi per l’infanzia, i cosiddetti baby sitting, da utilizzare per un massimo di sei mesi, solo negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio e, in alternativa, al congedo parentale che, se non è stato interamente fruito, permette di poter chiedere il voucher in questione per il residuo tempo.

L’importo del contributo è di € 300,00 mensili netti per sei mesi massimo e, come ho detto sopra, dovrà servire solo ed unicamente per pagare personale dipendente (baby sitter) o strutture eroganti servizi per l’infanzia, sia pubblici che privati (questi ultimi solo se accreditati).

Il pagamento sarà effettuato o direttamente alla struttura scelta tra quelle presenti in un apposito elenco gestito e pubblicato dall’istituto – che potrà incassare i 300,00 euro mensili previa attestazione di effettiva fruizione del servizio da parte del bambino – o mediante il sistema di buoni lavoro (nel dettaglio meglio spiegati nella circolare sopra linkata n. 48/28.03.2013) che l’Inps emetterà in voucher cartacei da 300,00 euro per ogni mese di congedo parentale rinunciato dalla lavoratrice.

Questi contributi (voucher) non sono previsti per quelle mamme lavoratrici che sono esentate dal pagamento di rette in strutture pubbliche e/o convenzionate o usufruiscono di altri benefici di cui al Fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità istituito con l’art. 19, comma 3, del decreto legge 4 giugno 2006, n. 223 (convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248).

La domanda, avendone i requisiti, può essere presentata all’Inps sia da lavoratrici ancora in gestazione, sia da mamme lavoratrici già con figli. L’Istituto, potendo disporre solo di una copertura annuale di 20 milioni di euro, stilerà una graduatoria che terrà conto intanto della data e dell’orario di invio della domanda (dati che si potranno rilevare dalla ricevuta di trasmissione che il sistema informatico dell’Inps registrerà) e della situazione reddituale (Isee). La formazione della graduatoria (che l’Inps pubblicherà sul suo sito entro 15 giorni dalla scadenza del bando) darà infatti priorità ai nuclei familiari con Isee di valore inferiore e, se pari, si considererà l’ordine di presentazione della domanda.

La modalità di presentazione della domanda all’Inps è solo telematica. Questo significa che bisogna dotarsi, per chi non ne è ancora in possesso, del codice Pin (tristemente noto per le vicissitudini dei pensionati alla ricerca del loro Cud 2013) seguendo le istruzioni sia rese nella circolare n. 48/2013 di cui sopra, sia accedendo al sito istituzionale dell’Inps.

Al solo fine di agevolare chi legge, riporto il passo 6.2 della circolare Inps n. 48/2013, cosìcché immediatamente si possa avere la percezione di ciò che occorre dichiarare per poter usufruire di tale contributo:

6.2 Presentazione della domanda

La domanda deve essere presentata all’Istituto in modo esclusivo attraverso il sito WEB istituzionale, accedendo direttamente tramite PIN dispositivo (circolare n. 50 del 5/03/2011).

Il servizio d’invio delle domande per l’assegnazione dei contributi per l’acquisto dei servizi per l’infanzia ex art. 4 del decreto ministeriale del 22 dicembre 2012 è disponibile nel portale Internet dell’Istituto (www.inps.it) attraverso il seguente percorso: Al servizio del cittadino – Autenticazione con PIN – Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito – Invio delle domande per l’assegnazione dei contributi per l’acquisto dei servizi per l’infanzia.

In sede di domanda la lavoratrice richiedente deve:

a) indicare a quale dei due benefici intende accedere, ed in caso di scelta del contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, indicare la struttura per l’infanzia (pubblica o privata accreditata) nella quale la lavoratrice stessa ha effettuato l’iscrizione del minore;

b) indicare il periodo di fruizione del beneficio, specificando il numero di mesi;

c) dichiarare la rinuncia al corrispondente numero di mesi di congedo parentale;

d) dichiarare di aver presentato la dichiarazione ISEE valida. A tal fine si ricorda che la dichiarazione ISEE ha validità di un anno dall’attestazione della presentazione e vale per tutti i componenti il nucleo familiare.

Per poter accedere al contributo più volte citato, si dovrà intanto aspettare la pubblicazione, anticipata da un comunicato, sul sito Inps del bando per l’assegnazione dei benefici.

Comprendo la vasta articolazione dell’argomento ed è per questo che, pur avendo delineato alcuni aspetti che ho ritenuto più indicativi, vorrei suggerire, per chi fosse interessato personalmente, di leggere attentamente la circolare Inps n. 48 del 28 marzo 2013 in cui vi sono riportati analiticamente i dettagli qui volutamente omessi o solo parzialmente indicati per evitare di entrare nel dettaglio di un tema specifico e molto complesso.